La Mimica come
linguaggio per gli operatori teatrali
C'è qualcosa di
terribile nel lavoro dell'operatore teatrale; gli attori e i
registi non mimici parlano di sentimenti, di emozioni, di
idee e danno loro dei nomi: così capita di sentire dei
registi che dicono: mettici più passione, esprimi un
sentimento di amore, esprimi un sentimento di odio..., uno
di paura, uno di amicizia... Fa impressione, in questi casi
la disinvoltura con cui si adoperano queste parole; si
adoperano come se avessero un significato oggettivo, o per
lo meno intersoggettivo, come se con la parola "amore" tutti
intendessero la stessa cosa...
Ma le cose non
stanno così. I nostri sentimenti, e spesso anche le nostre
emozioni e le nostre idee sono straordinariamente privati.
Ciò che io chiamo paura è un sentimento che conosco perché
l'ho provato; quello che chiamo amore è di nuovo un
sentimento che conosco perché l'ho provato. Anche Tizio ha
provato l'amore, ma cosa garantisce che parliamo della
stessa cosa?
Niente,
assolutamente niente. Anzi, certi litigi tra innamorati
nascono proprio da radicati fraintendimenti di questo
genere: A ama B, B ama A ma in realtà la qualità del
sentimento è completamente diversa.
Un regista mimico
non adopera mai tali psicologismi autistici. Un regista
mimico chiederà all'attore di mettere un fuoco più robusto
nel colore della sua voce o nei suoi gesti, chiederà
maggiore o minor leggerezza... e con ciò farà diretto
riferimento alla mimazione di oggetti concreti del mondo
esterno. Questo fa sì che si crei un riferimento oggettivo
indiscutibile. Ovviamente l'attore farà il fuoco robusto che
lui vuole o sa fare, e in questo risulta il suo apporto che
potrà più o meno soddisfare il regista. Ma il regista capirà
l'attore e l'attore capirà il regista. Essi possono parlare
fra sé, si intendono, perché dispongono dell'unico
linguaggio serio per parlare - in forma traslata - dei
sentimenti e delle emozioni, il linguaggio mimico.