Orazio Costa Giovangigli, nato a Roma il 6 agosto 1911
può considerarsi il rappresentante più attivo della generazione
teatrale formatasi fra le due guerre e affermatasi negli anni
che
seguirono lo scoppio e la fine dell'ultima. Dal padre Giovanni,
storico, dalmata, e dalla madre Caterina Giovangigli, corsa,
insegnante, coglie coi suoi tre fratelli il gusto per gli studi
e per l'arte. Già dal Liceo presentato a Silvio D'Amico, ne
segue dall'età di sedici anni l'insegnamento prima come allievo
attore nella Regia Scuola "Eleonora Duse" e poi (laureatosi in
lettere con una tesi sulla teatralità dei dialoghi dei "Promessi
Sposi" ) come allievo regista all'Accademia Nazionale
d'Arte Drammatica, appena fondata dal suo Maestro; che, alla
fine degli studi, lo manda a perfezionarsi a Parigi presso
Jacques Copeau il più rigoroso culture d'un teatro di poesia, di
fede, di valori morali. Questi lo vorrà suo assistente al Maggio
Fiorentino del '38 per la messa in scena del "Come vi
garba" di Shakespeare.
Nel 39 D'Amico a
coronamento dei primi corsi del suo istituto, crea la Compagnia
dell'Accademia, la prima definitiva affermazione in Italia della
scuola registica. Costa, insieme con Alessandro Brissoni e Wanda
Fabro, ne è l'elemento primario, inaugurandone le
rappresentazioni con una edizione rivoluzionaria delle Laudi
umbre raccolte da D'Amico in "Mistero della Vita e Passione di
N.S." in occasione delle celebrazioni giottesche. Lo spirito a
un tempo Copoviano e Damichiano di quello spettacolo non cesserà
d'informare tutta l'attività di Costa che fin d'allora si
moltiplicherà in egual misura fra l'insegnamento e
l'interpretazione scenica, in ognuno dei due campi cogliendo
primati incontestabili.
Infatti dopo un
folto gruppo di prime regie di autori come Shakespeare, Goldoni,
Ibsen, Shaw, O'Neil, Betti, Costa (dal '44 nominato insegnante
di regia nella stessa Accademia dove ha studiato) già nel '45 dà
una prima prova di formatore di attori portando al trionfo nel
"Candeliere" di De Musset Giorgio De Lullo, ancora allievo, e
poco dopo Valentina Cortese in "Amarsi Male" di Mauriac.
Così mentre dal
'44 ha cominciato a diffondere il suo metodo d'insegnamento
all'Accademia, non vi sarà quasi più spettacolo da lui firmato
che non sia anche l'atto di nascita di attori ancora sconosciuti
che assumono d'un tratto livello primario; mentre in molti
spettacoli appaiono novità sceniche e interpretative da
ricordare. Dal citato "Mistero" comincia, proseguendo fino
al '63 la collaborazione ideale con la sorella pittrice Valeria
Costa, proseguita anche fino ad oggi da quella col fratello
Tullio anche lui scenografo. A questa cospirazione familiare
Costa attribuisce l'aspetto inconfondibilmente unitario della
maggior parte dei suoi lavori. E si ricorda l'incanto di Giotto
e dell'Angelico dei personaggi su fondo d'oro del "Mistero"; si
ricorda il rovinismo Ricciano del plastico continuo
dell'"Attilio Regolo", e, continuando: le illuminazioni
d'acquario e le trasparenze del "Piccolo.." che videro col
successo di Diana Torrieri l'apparizione dusiana di una grande
Elena Da Venezia; l'impostazione rivoluzionaria dei "Sei
Personaggi" che dichiara d'aver voluto accettare anche Giorgio
Strehler, in uno spettacolo che vide la nascita clamorosa, come
primi attori assoluti, di Tino Buazzelli e di Rossella Falk;
così nell'audace
povertà dell'impianto dei "Giorni della
vita" di Saroyan si videro le affermazioni di Manfredi, di
Sbragia, di Panelli e Valori, nella "Nina" di Anna Proclemer, in
"Invito al castello" di Marina Bonfigli; e "La dodicesima notte"
alla Floridiana vide il trionfo della più celebre
interpretazione di Salvo Randone in Malvolio.
Si son citati
appena alcuni dei primi spettacoli di Orazio Costa in
quell'incredibile crogiuolo che fu il Piccolo Teatro della Città
di Roma, che venne misteriosamente soppresso dopo ben 36
spettacoli tra i quali tre Alfieri, tre Pirandello, oltre a
tanti altri rimasti negli annali del teatro italiano come il
"Poverello" di Copeau, le "Carmelitane" di Bernanos, sempre con
nuovi attori per la prima volta apparsi già maturi sulle scene
(citiamoli alla ventura temendo sempre di dimenticarne di più
importanti: Gianrico Tedeschi, Anna Miserocchi, Edmonda Aldini,
Franco Graziosi, Glauco Mauri, Enrico Maria Salerno) e con il
richiamo alle scene di celebri attori delle precedenti
generazioni come Teresa Franchini, Wanda Capodaglio, Achille
Majeroni.
Costa in questi
anni non si limita peraltro ad agire nel suo teatro, bensì
anche, e del tutto particolarmente, al Piccolo di Milano, dove
diresse la prima edizione del "Processo a Gesù" di Diego Fabbri,
e quella "Favola del figlio cambiato" di Pirandello che,
nel clima neonaturalistico della metà del secolo, impose per la
gioia del pubblico, nell'incertezza e nello stupore della
critica, un'interpretazione cubista nettamente picassiana che
riscosse le fantasie e fu campanello d'allarme per molti
sperimentatori dell'avanguardia.
Mentre continua
l'insegnamento all'Accademia e lo estende per oltre dieci anni
anche al Centro Sperimentale di Cinematografia per la
preparazione dell'attore e al Conservatorio di Santa Cecilia per
la regia lirica, porta la sua attività di regista in Belgio e in
Olanda e di studioso e teorico in numerosi congressi e convegni
internazionali a Oslo, a Bruxelles, a Essen ad Amsterdam, a
Parigi e a Tokyo, dove mette anche in scena una delle sue
edizioni del "Don Giovanni" di Mozart.
Gli autori e gli
spettacoli non sono sono affrontati da Costa "una tantum" ma
ripetutamente approfonditi in edizioni sempre completamente
rinnovate: cinque le sue interpretazioni di Ibsen, cinque di
Cechov, otto di Goldoni, altrettante di Betti, dieci di
Shakespeare, sette di Alfieri, cinque di Fabbri, dodici di
Pirandello. Del "Mistero" di d'Amico ben sette edizioni,
l'ultima delle quali promossa dal Piccolo di Milano proprio in
ricordo del Maestro, fu realizzata nella struttura d'una
cattedrale in costruzione, quasi in omaggio ai principi di
Jacques Copeau; questo spettacolo, che, a fianco d'una grande
Gabriella Giacobbe vide nascere tra gli attori Massimo Foschi e
Mariano Rigillo, diede luogo attraverso ingegnose trasformazioni
scenografiche create da Tullio Costa a tutte una trilogia di
singolare novità e invenzione, con l'"Assassinio nella
Cattedrale" (anch'esso a una seconda nuovissima edizione dopo
quella realizzata a Bari per Salvo Randone) e con l'invenzione
di una "proposta di spettacolo" per la prima interpretazione
scenica della "Divina
Commedia" e addirittura alla fondazione di
un nuovo teatro. Tale fu il Teatro Romeo, creato idealmente per
assolvere alla sete di spiritualità che porta il pellegrino
romeo alla fonte della sua fede, e che pur col favore di S.S.
Paolo VI (che aveva concesso a Costa l'onore della
commemorazione Vaticana del quarto centenario della nascita di
Shakespeare) e malgrado la realizzazione d'una drammaturgia
insolita, dovè limitarsi ad un piccolo numero di grandi
spettacoli, tra cui eccezionali produzioni televisive, come una
nuova edizione in quattro puntate del "Poverello" di Copeau. E'
da notare che una edizione francese del "Mistero" ideata da
Costa per il Teatro Nazionale Belga, divenne, qualche anno dopo,
lo spettacolo celebrativo del millenario di Bruxelles. Mentre
continua a crescere la produzione registica di Costa, che, sul
totale attuale di 170 spettacoli, col concludersi dell'attività
del Romeo aveva oltrepassato il centinaio Costa continua ad
approfondire teoria e pratica del suo metodo, che negli ultimi
anni fiorentini si verrà configurando come una teoria generale
del teatro. Nato come specifico addestramento dell'attore basato
sulla organica tendenza dell'individuo dell'individuo a
rispecchiare, con l'azione della propria persona, il mondo die
fenomeni che lo circonda fino a possederne la molteplice
variabilità e ad appropriarsi una massima potenza di
trasformazione capace di linguaggio e poesia, il metodo insegna
a padroneggiare questo naturale percorso e ad utilizzarlo nella
creazione artistica e, con procedimento analogamente inverso,
per l'interpretazione. Conosciuto fin dal'50 in Francia e poi in
Belgio venne, per iniziativa dell'Istituto Internazionale del
Teatro, portato a conoscenza di altre scuole, dal '61, in
incontri delle diverse pedagogie a Bucarest, a Essen, a Venezia,
ad Eisenstadt, tanto che Š stato adottato dall'Institut Hermann
Theirlinck di Anversa e, grazie a questo, ha raggiunto la scuola
di BŠjart. Seguito per trentadue anni, fino al '76, presso
l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma, ha dato luogo,
oltre alla formazione di oltre cinquecento attori e di diverse
decine di registi, a diversi spettacoli specificamente creati
per le sue dimostrazioni, tra cui particolarmente un "Sogno di
una notte di mezza estate" che per la sua originalità
fu ricordato qualche anno più tardi,
all'apparizione dell'edizione di Peter Brook come un necessario
precedente.
L'ultima
compagnia formata da Costa, ironicamente intitolata "Gli ultimi"
ha offerto nel '74 l'avvio ad una polemica, tuttora sostenuta
dal Costa, contro gli eccessi intellettualistici d'una regia
dispotica, per la liberazione dell'iniziativa dell'attore,
troppo spesso privato delle sue prerogative specifiche in nome
di inesistenti valori. Da allora preferisce evitare il nome di
"regia" e indica il proprio intervento d'interprete con:
"a cura di O.C.G."
Nel 1979 Costa si reca
a Firenze su invito del Comune per fondarvi una scuola. Vi
fonderà invece una realtà del tutto particolare, il Centro di
Avviamento all'Espressione che svolgerà uno straordinario ruolo
di preparazione e di diffusione del Metodo Mimico ad ogni
livello. Oltre all'attività didattica il Centro svolge attività
di produzione teatrale e radiofonica, divenendo in pochi anni
uno tra i maggiori animatori del panorama culturale fiorentino.
Un lavoro televisivo prodotto per la televisiva Italiana "Rai
Tre" documenta e illustra ampiamente alcune delle attività del
Centro. Mentre Costa prosegue la su attività in Italia e
all'estero (tra le sue produzioni recenti quattro spettacoli
goldoniani in Olanda e in Belgio; "La vita sogno" con il
Biondo di Palermo e "Così è se vi pare" con il teatro Ghione in
Italia) i suoi interessi si vanno raccogliendo su un teatro
sempre più elevato e difficile, come mostrano gli incontri con
Mario Luzi ("Ipazia", "Il Messaggero" e "Rosales"), la
drammatizzazione di testi non previsti per la rappresentazione
("Il caso di Pietro Pagolo Boscoli" di Luca della Robbia il
Giovane, la "Vita nuova" di Dante Alighieri, "La Beffa del
Grasso Legnaiuolo", un ciclo di "Prediche" per il festival di
Spoleto '88), la Letture Integrali della Divina Commedia
(4 cicli), la preparazione di una realizzazione della "Fiera" di
Michelangelo Buonarroti il Giovane e della Divina Commedia al
Colosseo, e numerosi altri esperimenti ("L'uomo nascosto" azione
scenica su testi di Platone, Eschilo e Sofocle) eseguiti con gli
allievi di un'altra scuola ispirata al Metodo Mimico diretta da
Pino Manzari e per tre anni attiva a Bari. Dal 1991 ha ripreso
l'insegnamento, sia pur sporadico, all'Accademia Nazionale
d'Arte Drammatica, presentando nel '92 a Taormina "Dalle Tavole
della Mia Memoria" saggio di studio sulla messinscena di
"Amleto", di cui ha realizzato
la traduzione. Ha pubblicato nel '92 il
libro di poesie "Luna di casa".
Nel 1992 il
Centro di Avviamento all'Espressione venne chiuso per iniziativa
unilaterale del Comune di Firenze che gli tagliò i fondi. I
tentativi di Orazio Costa di riaprire un'attività a Firenze -
mirante non solo alla pedagogia teatrale ma a una vera e propria
lungimirante iniziativa di unificazione delle singole pedagogie
artistiche - si scontrarono con il disinteresse della giunta,
allora presieduta da Mario Primicerio. Dal 1992 la ricerca
e l'insegnamento sul metodo mimico - ovvero su una delle
maggiori novità in campo artistico e culturale di questo secolo
- ha poggiato esclusivamente sull'iniziativa personale di Orazio
Costa e dei suoi collaboratori.
Orazio Costa si è
spento a Firenze il 14 novembre 1999 circondato solo
dall'affetto dei parenti, dei suoi amici e dei suoi
collaboratori.