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Orazio Costa non ha mai scritto niente sul metodo; o
meglio, ha scritto moltissimo, ma sfortunatamente non ha
pubblicato niente. Nei quaderni di Orazio, custoditi
attualmente presso i locali dell'ETI di Firenze, si possono
ritrovare centinaia di annotazioni concernenti il metodo
mimico e la sua genesi; i quaderni costituiscono degli
appunti la cui lettura risulta straordinariamente
appassionante per chi conosce la mimica. Però sono solo
degli appunti e non costituiscono mai una esposizione
sistematica del metodo utilizzabile per chi non lo conosce.
Fa eccezione un lungo scritto, esso stesso parte integrante
dei quaderni di Orazio, la Lettera al nipote Nicola
(Quaderno XVI, inizio 29/8/66, segue in Quaderno 17),
scritto in cui Orazio, con grande semplicità, spiega cos'è
il metodo.
Sfortunatamente questo scritto e altri che con maggiore o minore chiarezza parlano del metodo hanno un grave limite: Orazio Costa non li ha pubblicati. I collaboratori e gli amici di Orazio, lo rimproveravano spesso per non aver voluto lasciare una testimonianza chiara e definita sul metodo; e Orazio, specie negli ultimi anni ci ha provato molte volte, cominciando a scrivere, cancellando, ricominciando e ricancellando tutto. Esistono numerosi tesi di laurea, specie dell'università Cattolica di Milano che si sono occupati di Costa, della sua opera e in particolare del metodo mimico e del periodo Fiorentino. Tuttavia i testi pubblicati che si diffondono abbastanza sul metodo sono relativamente pochi: uno scritto da Colli, uno da Pisani e una serie recente di volumi pubblicati da Maricla Boggio. La lettura di volumi sul metodo mimico, specie di quelo di Pisani, è altamente consigliata. Tuttavia questi volumi dovrebbero essere riguardati solo come accompagnamento, solo come ausilio all'addestramento mimico con la supervisione di un docente qualificato... il che è ovvio: la conoscenza del metodo mimico è una conoscenza pratica; si possono leggere decine di manuali sulle tecniche di nuoto o su quelle di paracadutismo. Ma questo, da solo, non basta a imparare a nuotare e non basta a farci divenire dei paracadutisti.
Le Origini del metodo mimico: un percorso attraverso i
quaderni di Orazio
Il primo appunto di Orazio che, in qualche modo, anticipa e preannuncia il metodo è un affascinante ricordo di guerra (I-2, anno 1944, "Duello Aereo") : "Come due cani, facevano - e faceva azzuffare l'una all'altra le sue mani grosse, rosse di bucati, nere di patate. - Pareva scherzassero; uno è cascato giù così." E a braccia aperte finse il movimento di chi cade all'indietro giù da un muro o da un balcone, in sogno. Questo è il brano in cui un mimico può
cogliere il primo cosciente riconoscimento di un atto mimico: la
contadina che usa le mani per "rifare" il combattimento tra due
aerei in guerra li sta in effetti mimando e, non a caso, Orazio
usa l'espressione "in sogno": non si tratta di un atto
imitativo, ma di un atto in cui alla coscienza di essere
concentrati su di un evento e un oggetto determinato si
accompagna una fantasia ricreante. Altri brani, nelle prime
pagine dei quaderni contengono spunti simili (I Limoni, I-27, Il
Sole I-29, La Bandiera I-49, La pioggia I-50, Le Onde, I-51, Il
Mare, I-60). Devo fare una conversazione sull'insegnamento dell'arte scenica. Naturalmente la baserò nell'insegnamento che tengo all'accademia e che intende preparare gli attori in una sfera di attività che è indispensabile e precedente a qualunque intervento registico di qualunque genere sia. Infatti è inutile pretendere dall'attore un'interpretazione psicologistica, o anche semplicemente grafica se l'attore non è già un attore, cioè non possiede in sè il modo, direi il segreto o anche l'attitudine di atteggiarsi secondo un'idea. Quest'idea può mutare; il meccanismo per il quale l'attore si fa simile ad essa, anzi, diviene rappresentazione di essa esteriormente leggihile, obbiettivamente leggibilt, non può essere che uno solo è dunque alla fine degli anni 40 e all'inizio degli anni 50 che la mimica prende per la prima volta forma cosciente come metodo organico per la recitazione. Il metodo Stanislawski appare ad Orazio come un semplice "tentativo organico di stile. Ma questo stile è uno stile veristico e la sua teoria, che chiamerei di integrazione e d'interpolazione risponde soltanto per testi stilisticamente affini al verismo". Altre osservazioni concernono il carattere analogico tra la mano e l'uomo - che, come è noto, diverrà un elemento cardine nella didattica della mimica- (II-274: L'uomo è una grande mano. La mano è un piccolo uomo: una marionetta) altre l'istinto mimico (II-519), altre ancora l'atto mimico come elemento unificante di tutte le arti. E' straordinario vedere come in pochi anni la concezione della mimica come madre di tutte le arti sia già stata chiaramente intravista da Orazio: Il sentire mimesico può essere molteplice: p. es. uno scultore può sentire le sue forme in sè senza sentire altra materia che la propria persona. Un altro può sentire le forme come espresse da sè fuori di sè in una specie di parto. Un atlro può suscitarle solo con la forza del suo gesto. (II-353) Altri elementi fondamentali del metodo - come
l'idea che il personaggio sia sostanzialmente una "costellazione
di immagini" sono invece più tardi (VI-1549, 1958). Sarebbe
inutile continuare ancora questo carrellata. Ma non si può
omettere che Orazio era ben cosciente del rapporto tra la sua
mimica e lo spirito francescano di Copeau (si veda il brano
IV-1089, del novembre '54, sul Cantico delle Creature). Orazio
arriva addirittura a individuare nella mimica la "rivelazione
della fraternità in Dio delle creature" (VI-1467, 1958). N.B. Le note di cui sopra si basano su di una lavoro di lettura e di analisi dei quaderni di Orazio Costa, che egli stesso mi pregò di fare alcuni anni fa, in vista di una pubblica lettura al Festival di Montalcino - Paolo Bussagli pages by
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