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L'Avvenire, 24/3/1987

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La mamma di Ramelli rifiuta il risarcimento
L'assalto al "Porto" apre gli interrogatori

(G. Pes.) Sarà l'assalto al bar "Porto di Classe", raccontato da alcuni degli undici protagonisti - questo infatti il numero delle persone rinviate a giudizio per il tentato omicidio e le lesioni - , ad alzare il sipario sugli "anni delle spranghe" che insanguinarono la città stretta nella morsa di violenza generata dallo scontro quotidiano tra l'estrema sinistra (Avanguardia operaia) e la destra. Oggi, infatti, gli imputati verranno interrogati e così, tolti dalla confusione che regna in un'aula davvero troppo piccola per un processo così importante, il presidente riuscirà a vederli in faccia, a riconoscerli e a parlare con loro, come ha sottolineato ieri prima di ritirarsi in camera di consiglio e decidere sulle eccezioni presentate dai difensori, "da uomo a uomo".
    Se verrà scelta la comune strada dell'ordine alfabetico il primo a sedersi di fronte al presidente, Antonio Cusumano, sarà Massimo Bagni, l'unico ad essersi presentato spontaneamente agli inquirenti "confessando la sua partecipazione all'assalto contro il bar e ricostruendo, senza far nomi - scrivono i giudici nell'ordinanza di rinvio a giudizio - , la struttura e il funzionamento del servizio d'ordine di Avanguardia operaia".
    Quel giorno di undici anni fa, era il 31 marzo 1976, ci fu l'irruzione al bar Porto di Classe: erano una ottantina, armati di molotov, spranghe e chiavi inglesi. Tra gli avventori la peggio toccò a Bruno Carpi, Giovanni Maida e Fabio Ghilardi: da qui l'accusa di tentato omicidio. Gravi lesioni vennero riportate da Fabrizio Rossi, Sergio Ricotti, Massimo Penco e Marina Mirelli.
Oggi a rispondere di questo assalto ci sono solo tredici dì quegli ex-studenti. Contro loro hanno chiesto i danni la proprietaria del locale, Mirella Ciancetta, e Massimo Seghezzi. Gli altri si sono ritirati dal processo perché già risarciti
Non sembra invece voler accettare nessun "aggiustamento" la mamma di Sergio Ramelli ucciso in un agguato dodici anni fa. Questo non ha comunque impedito agli imputati di depositare presso un notaio 200 milioni "a disposizione della famiglia Ramelli nel tentativo di ottenere la revoca della costituzione di parte civile. Ma come preannunciato, Anita Pozzoli continuerà per la sua strada per assolvere a quello che reputa un dovere.

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