Archivio Sergio Ramelli

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L'Avvenire, 30/4/1975

Morto lo studente di destra...

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Milano, a diciannove anni, dopo 48 giorni trascorsi in agonia
Morto lo studente di destra "sprangato" da ultrà
Fu aggredito sotto casa- ancora sconosciuti gli autori del feroce delitto

Aveva 19 anni, era uno studente di destra, si chiamava Sergio Ramelli: è morto ieri mattina nel suo lettino al padiglione Beretta del Policlinico, reparto rianimazione. Una morte forse liberatrice per il povero ragazzato massacrato letteralmente di botte da estremisti di sinistra il 13 marzo sotto la sua abitazione, in via Amadeo, a Città Studi. Da allora, infatti, (e sono passati 48 giorni) Sergio Ramelli non aveva più ripreso conoscienza, nonostante un intervento chirurgico durato oltre cinque ore e durante il quale i sanitari erano riusciti a ricostruire una parte della calotta cranica e della membrana cervicale: da allora per lo studente la vita era finita, per sempre. Se fosse sopravvissuto sarebbe rimasto muto e paralizzato, un esere vegetale. Il vice prefetto, a nome del ministro degli Interni, ha recato ai familiari il cordoglio e l'esecrazione per l'episodio delittuoso ed ha riassicurato l'impegno per l'identificazione e la cattura dei responsabili.
    Era uno studente di destra, fiduciario del "Fronte della Gioventù" all'istituto Molinari: venne espulso dalla scuola, proprio per le sue idee politiche dai compagni, e nessuno prese le sue difese, tranne l'insegnatne di religione, al quale venne incendiata la macchina. Conosceva già la assurda teoria della violenza, troppo spesso proprugnata ed applicata dai grupposcoli di vario colore. Venti giorni prima della mortale aggressione c'era andato di mezzo anche suo fratello Luigi, di vent'anni, che un gruppetto di extraparlamentari di sinistra aveva scambiato per lui. Una volta era stato aggredito addirittura dentro la scuola, insieme al padre che era andato a protestare contro l'assurda discriminazione.
    Il buon senso aveva comunque indotto la famiglia a toglierlo dalal scuola pubblica, facendogli continuare gli studi in una privata. Ma questo non lo ha salvato dalla vendetta bestiale dei suoi assassini. Pochi giorni prima di morire un altro giovane di estrema destra, il greco Mantekas, era stato ucciso con una pistolettata, a Roma: Sergio Ramelli, insieme ad alcuni amici, aveva affisso sui muri del quartiere un manifesto del "Fronte della Gioventù". E' stata la sua ultima azione "politica". Sergio Ramelli, quel 13 marzo, aveva appena posato il motorino e stava avviandosi verso casa quando è stato circondato da alcuni giovani, armati delle solite spranghe di ferro e chiavi inglesi. Non gli hanno dato il tempo di dire una parola, il testaggio è cominciato quasi subito. Ramelli è caduto a terra, sanguinante, già duramente "punito"; ma i teppisti, non contenti, continuarono ad infierire su di lui, a calci in faccia. Qualcuno, finalmente, si accorse di quanto stava accadendo e gli assalitori se la dettero a gambe, mentre la loro vitima agonizzava sul selciato.
    Ci volle qualche minuto perchè arrivasse l'ambulanza e la polizia, chiamata dalla portiera dello stabile dove la famigli Ramelli abita da 22 anni. La veloce corsa al policlinico, il trasferimento del ragazzo al reparto rianimazione, il delicatissimo intervento chirurgico. Ma è stato subito chiaro che Sergio Ramelli era legato da un sottilissimo filo a questa terra. E, ripetiamo, con prospettive paurose per un giovane di diciannove anni, pieno di brio e di voglia di vivere. "Prognosi riservata, sia per la sopravvivenza sia per la funzione": il rigido bollettino medico parlava chiaro.
    Pure la forte fibra del ragazzo aveva fatto sperare, qualche giorno fa, in un miglioramento generale: una speranza destinata ad essere subito annullata da una serie di complicazioni polomnari che, alla fine, ahnno avuto la meglio sui disperati sforzi del cuore. "Collasso cardiocircolatorio", dicono i sanitari: ma ci sembra troppo semplice liquidare così l'ennesima vittima di una faida tra gruppuscoli che già tanti morti e tanto dolore ha causato al paese in generale e a Milano in particolare. Mentre Ramelli lottava per la vita, altre due giovani esistenze sono state stroncate dalla follia collettiva che sembra invasare certa specie di "combattenti" politici. Claudio Varalli, ucciso con un colpo di pistola da un fascista; Gianni Zibecchi, travolto da un camion dei carabinieri mentre un certo tipo di "piazza" scatenava una reazione incontrollata e senza senso.
    Adesso è toccata a lui, giovane extraparlamentare di destra, domani toccherà forse ad un altro: possiamo dunque andare avanti in questo modo tra dolore e lutti? Possiamo concepire, in uno stato moderno e democratico la violenza politica praticametne fine a se stessa? Dobbiamo continuare a piangere sulle bare di giovani coinvolti nell'inumana strategia della violenza? E accettare la provocazione di pochi elementi che hanno fondato sul caos il loro sistema di vita e sfruttando ideologie e politica, lo propugnano con spranghe e pistole? O non conviene, forse, respingerli nel loro guscio, isolarli, ignorarli? Risposte facili, obbiamente, interrogativi forse retorici: ma allora perchè tutti noi una risposta ferma e decisa, al di là dei bei discorsi e delle commemorazioni ufficiali che certo non ridanno alla madri i propri figli morti, ancora non siamo riusciti a darla?

La Condanna di Aniasi
Il Sindaco di Milano Aldo Aniasi ha commemorato ieri sera in consiglio comunale lo studente Sergio Ramelli, ed ha ribadito la ferma condanna nei confronti degli atti di violenza politica che hanno insanguinato la città "Una condanna - ha affermato il sindaco - senza appello per le violenze e gli atti barbari commessi contro chiunque, ma in particolare contro i giovani".
    "Non vi sono giustificanti, attenuanti, nè vi possono essere comprensioni di sorta - ha proseguito Aniasi - per chi spara, chi usa spranghe, chiavi inglesi, bastoni, catene per colpire gli inermi. Questi atti sono contro la civiltà e la democrazia, non importa chi li compie. Sono atti contro la morale, sono inoltre comportamente vili perché prendono di mira gli indifesi".
 
 

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