Milano, a diciannove anni, dopo
48 giorni trascorsi in agonia
Morto lo studente di destra
"sprangato" da ultrà
Fu aggredito sotto casa- ancora
sconosciuti gli autori del feroce delitto
Aveva 19 anni, era uno studente di
destra, si chiamava Sergio Ramelli: è morto ieri mattina nel suo
lettino al padiglione Beretta del Policlinico, reparto rianimazione. Una
morte forse liberatrice per il povero ragazzato massacrato letteralmente
di botte da estremisti di sinistra il 13 marzo sotto la sua abitazione,
in via Amadeo, a Città Studi. Da allora, infatti, (e sono passati
48 giorni) Sergio Ramelli non aveva più ripreso conoscienza, nonostante
un intervento chirurgico durato oltre cinque ore e durante il quale i sanitari
erano riusciti a ricostruire una parte della calotta cranica e della membrana
cervicale: da allora per lo studente la vita era finita, per sempre. Se
fosse sopravvissuto sarebbe rimasto muto e paralizzato, un esere vegetale.
Il vice prefetto, a nome del ministro degli Interni, ha recato ai familiari
il cordoglio e l'esecrazione per l'episodio delittuoso ed ha riassicurato
l'impegno per l'identificazione e la cattura dei responsabili.
Era uno studente
di destra, fiduciario del "Fronte della Gioventù" all'istituto Molinari:
venne espulso dalla scuola, proprio per le sue idee politiche dai compagni,
e nessuno prese le sue difese, tranne l'insegnatne di religione, al quale
venne incendiata la macchina. Conosceva già la assurda teoria della
violenza, troppo spesso proprugnata ed applicata dai grupposcoli di vario
colore. Venti giorni prima della mortale aggressione c'era andato di mezzo
anche suo fratello Luigi, di vent'anni, che un gruppetto di extraparlamentari
di sinistra aveva scambiato per lui. Una volta era stato aggredito addirittura
dentro la scuola, insieme al padre che era andato a protestare contro l'assurda
discriminazione.
Il buon senso aveva comunque indotto
la famiglia a toglierlo dalal scuola pubblica, facendogli continuare gli
studi in una privata. Ma questo non lo ha salvato dalla vendetta bestiale
dei suoi assassini. Pochi giorni prima di morire un altro giovane di estrema
destra, il greco Mantekas, era stato ucciso con una pistolettata, a Roma:
Sergio Ramelli, insieme ad alcuni amici, aveva affisso sui muri del quartiere
un manifesto del "Fronte della Gioventù". E' stata la sua ultima
azione "politica". Sergio Ramelli, quel 13 marzo, aveva appena posato il
motorino e stava avviandosi verso casa quando è stato circondato
da alcuni giovani, armati delle solite spranghe di ferro e chiavi inglesi.
Non gli hanno dato il tempo di dire una parola, il testaggio è cominciato
quasi subito. Ramelli è caduto a terra, sanguinante, già
duramente "punito"; ma i teppisti, non contenti, continuarono ad infierire
su di lui, a calci in faccia. Qualcuno, finalmente, si accorse di quanto
stava accadendo e gli assalitori se la dettero a gambe, mentre la loro
vitima agonizzava sul selciato.
Ci volle qualche minuto perchè
arrivasse l'ambulanza e la polizia, chiamata dalla portiera dello stabile
dove la famigli Ramelli abita da 22 anni. La veloce corsa al policlinico,
il trasferimento del ragazzo al reparto rianimazione, il delicatissimo
intervento chirurgico. Ma è stato subito chiaro che Sergio Ramelli
era legato da un sottilissimo filo a questa terra. E, ripetiamo, con prospettive
paurose per un giovane di diciannove anni, pieno di brio e di voglia di
vivere. "Prognosi riservata, sia per la sopravvivenza sia per la funzione":
il rigido bollettino medico parlava chiaro.
Pure la forte fibra del ragazzo aveva
fatto sperare, qualche giorno fa, in un miglioramento generale: una speranza
destinata ad essere subito annullata da una serie di complicazioni polomnari
che, alla fine, ahnno avuto la meglio sui disperati sforzi del cuore. "Collasso
cardiocircolatorio", dicono i sanitari: ma ci sembra troppo semplice liquidare
così l'ennesima vittima di una faida tra gruppuscoli che già
tanti morti e tanto dolore ha causato al paese in generale e a Milano in
particolare. Mentre Ramelli lottava per la vita, altre due giovani esistenze
sono state stroncate dalla follia collettiva che sembra invasare certa
specie di "combattenti" politici. Claudio Varalli, ucciso con un colpo
di pistola da un fascista; Gianni Zibecchi, travolto da un camion dei carabinieri
mentre un certo tipo di "piazza" scatenava una reazione incontrollata e
senza senso.
Adesso è toccata a lui, giovane
extraparlamentare di destra, domani toccherà forse ad un altro:
possiamo dunque andare avanti in questo modo tra dolore e lutti? Possiamo
concepire, in uno stato moderno e democratico la violenza politica praticametne
fine a se stessa? Dobbiamo continuare a piangere sulle bare di giovani
coinvolti nell'inumana strategia della violenza? E accettare la provocazione
di pochi elementi che hanno fondato sul caos il loro sistema di vita e
sfruttando ideologie e politica, lo propugnano con spranghe e pistole?
O non conviene, forse, respingerli nel loro guscio, isolarli, ignorarli?
Risposte facili, obbiamente, interrogativi forse retorici: ma allora perchè
tutti noi una risposta ferma e decisa, al di là dei bei discorsi
e delle commemorazioni ufficiali che certo non ridanno alla madri i propri
figli morti, ancora non siamo riusciti a darla?
La Condanna di Aniasi
Il Sindaco di Milano Aldo Aniasi ha commemorato ieri
sera in consiglio comunale lo studente Sergio Ramelli, ed ha ribadito la
ferma condanna nei confronti degli atti di violenza politica che hanno
insanguinato la città "Una condanna - ha affermato il sindaco -
senza appello per le violenze e gli atti barbari commessi contro chiunque,
ma in particolare contro i giovani".
"Non vi sono giustificanti, attenuanti,
nè vi possono essere comprensioni di sorta - ha proseguito Aniasi
- per chi spara, chi usa spranghe, chiavi inglesi, bastoni, catene per
colpire gli inermi. Questi atti sono contro la civiltà e la democrazia,
non importa chi li compie. Sono atti contro la morale, sono inoltre comportamente
vili perché prendono di mira gli indifesi".
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CDRC Coro drammatico Renato Condoleo
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