Archivio Sergio Ramelli

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L'Avvenire, 30/4/1975

Un'altra vittima della barbarie

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Ieri si è spento Sergio Ramelli
Un altra vititma della barbarie
Momento di tristezza e di umiliazione

La lenta agonia di Sergio Ramelli si è conclusa. Il velo della morte è sceso pietoso a coprire per sempre un volto distrutto, una testa sfasciata. Un altro giovane si è spento, vittima della violenza umana. Era di destra. Pensava in modo diverso da tanti altri, in modo diverso anche da noi. Ma questo non dava diritto a nessuno di colpirlo: la diversità di idee non può giustificare  nessuna violenza o ritorsione o sopraffazione.
    Noi che abbiamo visto e sofferto l'assurdità della rappresaglia per la durata di una guerra intera, con lutti e dolori asurdi e ingiustificati, noi non possiamo tacere o ignorare questa nuova assurdità.
    Un mese fa, proprio nel quartiere un tempo strapopolare di via Canonica e via Niccolini sono stati raccolti i resti di alcune vittime dei bombardamenti inglesi effettuati quando ormai la guerra volgeva al termine, vittime assurde ed ignare d'uno spirito accecato di rappresaglia: una parola che gronda sangue per ogni lato e che noi pensavamo cancellata per sempre dal vocabolario umano, una parola che rispunta come un mostro sopra ogni mostruosità della guerra.
    Pensavamo che solo i nazisti ne fossero capaci. Pensavamo che mai più si sarebbe parlato di "spedizioni punitive".
    Pensavamo che il sangue di 30 milioni di morti avesse cancellato per sempre queste deformazioni dell'umanità. Ed invece ci siamo ancora, di nuovo: rappresaglie, spedizione punitiva.
    Per chi ha varcato la soglia di 40 anni, questo è un momento di tristezza, di umiliazione, quasi di sconfitta. Ci guardiamo attorno e, francamente, non riusciamo a capire chi non ha il coraggio di gridare contro la violenza, contro qualunque violenza.
    Non riusciamo a capire chi piange sul corpo freddo per sempre di un amico e chi gode perchè vendetta si è fatta. Sono fuori ogni prospettiva cristiana, sono dentro ad un'ottica di barbarie.
    Scrivo senza timori, non mi interessa se verrò letto da destra o da sinistra: scrivo nel nome di uno che è morto sulla Croce e che, nella liturgia di domenica scorsa, faceva dire allo scrittore sacro "soffrendo non cercò la vendetta".
    Scrivo nel nome di queste giovani vittime inesperte di ben altri responsabili, nel nome dei parenti disorientati e distrutti su versanti opposti, nel nome di una civiltà che non può avanzare se dimentica o cancella l'insegnamento della croce.
    Nella nostra sofferenza c'è la protesta alta e chiara contro chiunque, in qualunque modo si è reso responsabile perchè non ha saputo giudicare questi giovani o, peggio, li ha sfruttati per interesse di parte.
 

  Giovanni Zibetti
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 CDRC Coro drammatico Renato Condoleo
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