Omicidio Ramelli, dodici anni
dopo. In tribunale, materialmente, dieci imputati: rei più o
meno confessi, pentiti, dissociati, secondo terminologie ricorrenti.
Sinceri? È difficile dirlo. Certo non era pentito chi, come
il dottor Colosio, il 31 marzo 1976, un anno dopo l'assassinio di
Ramelli, andò all'assalto del bar di largo Porto di Classe,
presunto ritrovo di ragazzi di destra.
Sulla coscienza avevano già la morte di Sergio, avvenuta per
loro mano (materiale o morale), eppure, devastando e incendiando il
locale, solo per miracolo non causarono altre vittime.
Rimasero però rovinati per sempre almeno tre giovani: Fabio
Ghilardi, testimone oculare, da una finestra, dell'aggressione a
Ramelli (due operazioni, coma, polmone d'acciaio, epilessia
permanente), Giovanni Maita 16 anni!, (quattro fratture alla mandibola,
una alla spalla, invalido permanente), Bruno Carpi (doppio sfondamento
della calotta cranica).
"Negli aggressori c'era la volontà di uccidere",
sentenziarono i medici che accolsero negli ospedali i feriti.
Perché quell'assalto? Perché erano convinti di
colpire anche Luigi Ramelli, fratello di Sergio.
Del resto, se imperava la legge morale di regime, secondo cui 'uccidere
un fascista non è reato', di cosa avrebbero dovuto pentirsi,
costoro? È possibile che davvero qualcuno fosse follemente
convinto di aver esercitato un atto di giustizia.
Anche perché la "giustizia" si guardò bene dal
perseguirli. Confessa l'imputato Claudio Colosio: "Soprattutto a
Città Studi i nostri nomi li conoscevano tutti, la polizia
non avrebbe fatto fatica ad individuarci, ci precostituimmo un alibi in
previsione dell'arresto, un alibi da polli...".
Un alibi, comunque, inutile, perché nessuno andò
ad importunarli. Questi 'nuovi resistenti" non avevano commesso nessun
reato... come sintetizzava efficacemente il famigerato slogan.
Oggi, a distanza di tanti anni, può anche darsi che qualcuno
si sia pentito. Nè ci interessa più di tanto
sapere se la (MANCA IL SEGUITO)
Didascalia sotto una foto:
Milano: 16 marzo. Mentre nel Palazzo di Giustizia si apriva il
dibattimento contro gli assassini di Sergio Ramelli, i ragazzi del
"Fronte della Gioventù" sfilavano per le vie di Milano fino
alla casa di Sergio. Una manifestazione composta che si è
svolta senza incidenti. Unica nota stonata: la completa assenza, nel
corteo, di insegne con la Fiamma Tricolore, sotto il cui simbolo,
invece, Sergio Ramelli ha militato ed è caduto. E non sotto
il simbolo straniero e senza significato della "croce celtica".
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