|
Archivio Ramelli - articoli di giornale Il Tempo, 17/3/1987 Gli anni '70 rivissuti a Milano |
Slitta il processo per
l'omicidio Ramelli
Gli anni settanta rivissuti a
Milano
Due cortei, ma senza incidenti
Milano, 16
marzo
Un po' dì tensione c'era, ma,
per fortuna, non
ci sono stati incidenti. Estremisti di destra da una parte, oppositori
di sinistra dall'altra:
tutti mobilitati per l'avvio del processo
contro un gruppo
di professionisti (medici ed insegnanti) che dodici anni fa, nella
veste
di aderenti ad Avanguardia Operaia, furono protagonisti di una serie di
episodi di intolleranza politica, culminati con l'uccisione di Sergio
Ramelli,
un ragazzo di diciotto anni, simpatizzante del Fronte della
Gioventù.
Ramelli fu ammazzato a colpi di sbarre
metalliche sulla
testa: un episodio che suscitò larga impressione anche in
pieni
anni di piombo. Oggi il Fronte della Gioventù ha organizzato
un
corteo per le vie del centro con sosta davanti alla casa in cui abitava
Ramelli; Democrazia Proletaria, il gruppo politico nel quale sono
confluiti
gran parte degli imputati, ha tenuto invece un presidio in piazza
Fontana,
davanti alla banca in cui il 12 dicembre 1969 esplose la bomba che
uccise
sedici persone. In vista di queste iniziative erano stati istituiti
speciali
servizi d'ordine, ma non ve n'è stato bisogno. Sia da una
parte
che dall'altra non ci sono stati gesti irresponsabili.
Anche al Palazzo di Giustizia è
sembrato di tornare
indietro di una decina di anni con i carabinieri a controllare i
movimenti
di massicci raggruppamenti di persone, volantinaggi e slogan. Il
processo
invece è slittato di una settimana per una indisposizione
del presidente
della Corte d'Assise, Antonino Cusumano: in meno di mezz'ora ha fatto
l'appello
degli imputati (venticinque in tutto nelle tre cause che saranno
riunite)
e formalizzato la costituzione delle quattro parti civili (la madre di
Ramelli, Anita Pozzoli ed i tre clienti rimasti gravemente feriti nel
bar
Porto di classe, assaltato nella zona della città-studi
undici anni
fa da un commando di Avanguardia Operaia). Poi l'aggiornamento a
lunedì
prossimo, 23 febbraio e spazio alla saga di volantini e Comunicati.
In uno di questi il 'Comitato dieci anni
dopo, costituitosi
in apertura dell' istruttoria per appoggiare gli imputati, attribuisce
ai giudici Maurizio Grigo e Guido Salvini "la volontà di
costruire
un maxi processo ad una fantomatica banda armata terroristica e di
cercare,
con particolari metodi di indagine, di risolvere casi relativi ad atti
di violenza politica degli anni Settanta che sarebbero andati in
prescrizione
nel giro di pochi mesi" e si accusano i giornalisti di avere
contribuito
ad aumentare la tensione "trovando finalmente in questa inchiesta la
possibilità
di ripulire la coscienza sociale di Milano dal ricordo di quegli anni
in
cui si respirava aria di rivoluzione".
In un altro documento Democrazia
Proletaria attribuisce
al Movimento Sociale Italiano il desiderio di "ricreare un clima di
intimidazione
violenta per condizionare emotivamente i giudici in una
città che
attende da quindici anni uno spiraglio di verità sulla
strage di
piazza Fontana e sugli assassini di diversi compagni come Claudio
Varalli,
Giannino Zibecchi, Gaetano Amoroso, Roberto Franceschi e Alberto
Brasili".
In aula, tra i ventitré
imputati (mancavano soltanto
Bernardino Pasinelli e Massimo Manenti) sono stati notati diversi
esponenti
di Democrazia Proletaria tra cui il capogruppo alla Camera, Massimo
Gorla,
i parlamentari Guido Pollice e Franco Calamida, il consigliere
regionale
Emilio Molinari e diversi membri del Consiglio nazionale. Nessun gesto
clamoroso da parte degli imputati preoccupati più che altro
di nascondere
il volto ai flash dei fotografi e alle telecamere. In alcuni
è apparso
evidente il desiderio di dimenticare quegli episodi. Uno dei dieci
imputati
di concorso in omicidio volontario, Marco Costa. si è detto
ancora
scosso sul piano umano. "Vorrei tanto - ha aggiunto - poter contare sul
perdono della madre di Ramelli".