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Archivio Ramelli - articoli di giornale Il Corriere della Sera, 17/3/1987 Medici in grigio come tanti... torna agli articoli de Il Corriere della Sera |
Medici
in grigio come tanti
Mille
anni fa uccisero un "nemico"
MILANO - Agitati e aggressivi, i
fotografi sgomitano e
si fanno sotto per aprirsi un varco. Sparano flash impietosi, e sembra
il fuoco di un plotone d'esecuzione. Claudio Colosio si raggomitola in
un angolo della panca e abbassa il volto fino a sfiorare le ginocchia.
Walter Cavallari si stringe le guance nella morsa delle mani. Scazza
è
immobile come una statua, coperto da un loden verde. Muto Giuseppe
Ferrari
Bravo, che allora si chiamava "Aldo". Pallido Marco Costa, dall'aspetto
di un intellettuale che si è consumato sui libri.
Seminascosta Brunella
Colombelli, biologa-ricercatrice, lunghi capelli neri e grandi occhiali
che le incorniciano il viso.
Cupi,
smarriti, non si scambiano sguardi,
né sussurri. Nella stagione dell'odio e del furore politico,
delle
spranghe e delle spedizioni punitive, portavano l'eskimo ed erano i
"soldati"
del servizio d'ordine di Avanguardia Operaia. Ora sono professionisti,
quasi tutti medici, e indossano abiti di buon taglio. Dieci alla
sbarra,
dodici anni e tre giorni dopo un'aggressione e una morte. Pestarono lo
studente Sergio Ramelli, "nemico" aderente al Fronte della
Gioventù:
il 13 marzo del '75, fra via Paladini e via Amadeo. L'agonia del
ragazzo
durò quarantasette giorni, nel reparto di rianimazione del
Policlinico.
Poi un respiro strozzato, e il buio eterno. Dopo tanti inverni e tante
primavere, un pezzo di storia crudele dì una Milano convulsa
e rovente
è approdata ieri in corte d'assise.
Un'aula
angusta, rumorosa e affollata
al limite dell'assalto. L'aula numero 2 ha i microfoni che non
funzionano,
e l'aula magna è occupata da un processo con trentadue
imputati.
Il presidente, Antonino Cusumano, allarga le braccia sconsolato e dice
ai cronisti "Se non trovate posto, vi autorizzo a sedere nel gabbiotto,
sempre che non vi offendiate". I giornalisti rispondono "non ci
formalizziamo",
e seguono il dibattimento da dietro le sbarre. Qualche teste che non sa
crede di avere sbagliato indirizzo e mormora. "Ma gli imputati avevano
facce diverse".
Sono tutti
in piedi, adesso, gli accusati.
Il presidente, paziente e incline a sdrammatizzare, richiama i tempi
della
scuola e dei banchi. "Immaginate di ritornare in classe, e rispondete
all'appello...".
Comincia con Montinari Luigi, e Montinari dice: "Presente".
Così
"Gioele" Di Domenico; così Franco Castelli; così
Claudio
Scazza. Colosio, invece, fa fatica a pronunciare un "si, sono io.."
Ognuno
indica il difensore, o gli avvocati difensori. Si costituiscono le
parti
civili e sono convocati i testimoni.
Cusumano,
però, non sta bene e lo comunica senza solennità.
"Ieri,
purtroppo, avevo febbre alta. Poi, gli antibiotici mi hanno fatto
sentire
un poco meglio. Ma le mie condizioni mi impongono un immediato ritorno
in posizione orizzontale". Si rivolge agli imputati: "Voi che siete
medici,
sapete che cosa è una nevrite febbrile". Il processo
è incardinato,
le udienze riprenderanno lunedì prossimo. "Alle nove in
punto e
si andrà avanti a oltranza".
Molto prima
che la porta dell'aula
3 si schiudesse, ieri mattina, al "palazzaccio" c'era la folla delle
occasioni
importanti. Ex militanti di un'ultrasinistra che, allora, riempiva le
piazze;
amici degli "ex" e tanto pubblico. Vagava sperduta Maria Teresa Rossi,
insegnante del "Parini" ai tempi della "Zanzara". Giovani. Meno
giovani.
Anziani. Curiosi. Politici. Toghe svolazzanti. Presente Democrazia
Proletaria
con alcuni componenti della segreteria nazionale e con il deputato
Massimo
Goria. Presenti "compagni", che hanno abbandonato l'utopia della
rivoluzione
e il desiderio di "cambiare l'esistente".
L'avvocato
D'Aiello, che difende Tuminelli,
nota quanto quell'epoca sia lontana. "Tuminelli era del Movimento
Studentesco.
Ora è professore associato all'università di
Pavia... Erano,
quelli, i tempi della strage di piazza Fontana, dell'ltalicus, delle
bombe
in Piazza della Loggia". Antonio Belpiede, le mani insaccate nelle
tasche
dell'impermeabile, parla dei suoi errori, che "sono stati tanti", e
della
sua vita sconvolta; "Ho fatto più carcere degli altri, e
solo da
venti giorni ho avuto il permesso di riprendere il lavoro in ospedale".
E' ginecologo a Canosa, ed è consigliere comunale del Pci a
Cerignola,
il paese di Di Vittorio e delle sue battaglie. Dal partito,
naturalmente,
è stato sospeso. Insieme con la Colombelli, è
l'unico che
non ha confessato. "Ho un alibi e con l'affare Ramelli non c'entro". La
Colombelli nega dì essere stata la staffetta del commando.
Ma, nella
sentenza di rinvio a giudizio, è scritto: "Il suo ruolo
è
consistito nell'indicare a Costa il luogo dove Ramelli abitava e il
punto
dove, parcheggiando il motorino, poteva essere più
facilmente aggredito".
C'era la madre
del ragazzo assassinato. Anita non aveva gli occhi umidi, e non si
è
guardata intorno. Non vuole vendetta, ma giustizia "per mio figlio".
Anche
se é una giustizia tardiva.