Archivio Ramelli - articoli di giornale Il Giornale, 23/4/1987 Dopo l'omicidio, le telefonate... torna agli articoli de Il Giornale |
Nuovi agghiaccianti particolari sulla persecuzione contro il giovane "fascista" sono emersi dalla deposizione della madre, ieri a Milano - la donna ha respinto il nuovo risarcimento dei danni offertole dagli imputati. Né una parola, né uno sguardo per gli uomini alla sbarra - 12 anni dopo, una sola richiesta: che giustizia sia fatta.
Milano - I terribili anni Settanta, quelli della "lotta
antifascista", quelli dei timori golpisti, quelli soprattutto di Sergio
Ramelli "primo della lista", restano fuori dalla porta. Per qualche minuto
nell'aula della seconda corte d'assise, non c'è spazio per l'analisi
politica, per le sottili giustificazioni ideologiche al turbolento decennio
passato. Per qualche minuto in un aula oramai satura di frettolose riletture
del "tempo che fu", entra una madre. Anita Ramelli Pozzoli. Non c'è
odio non una parola per indicare gli imputati, gli ultra di Avanguardia
operaia che sprangarono a morte il figlio nel marzo '75, neppure un "quelli
lì". Non esistono, nella breve deposizione della mamma di Sergio
Ramelli. Stretta in un tailleur a quadretti beige e marrone, con una camicia
rossa, con grandi occhiali scuri a coprire gli occhi gonfi e la voce soltanto
incrinata dall'emozione, attacca così: "Con i suoi compagni di classe
aveva rapporti ottimi. Sergio non era un ragazzo violento, aveva maturato
una sua idea e per questo era stato preso di mira: insulti, calci, spintoni..
Ma lui per primo minimizzava le cose. L'ultimo anno all'istituto tecnico
Molinari fu il più pesante. Gli fecero cancellare delle scritte
apparse sui muri della scuola. Ma tutti pensavano che fosse finita lì.
Invece continuarono con i picchetti a scuola fino a quando decise di lasciare
l'istituto. Quando andò a ritirare il nulla-osta per iscriversi
in un istituto privato fu picchiato".
L'incubo per la famiglia Ramelli era
soltanto cominciato, l'aria era avvelenata e l'escalation di intimidazioni
cresceva spaventosamente. "Quindici-venti giorni prima - riprende Anita
Ramelli (dell'aggregazione n.d.r.) apparirono scritte sui muri: "Ramelli
fascista sei il primo della lista". In casa arrivavano telefonate a tutte
le ore e ci facevano sentire Bandiera rossa".
Quelle telefonate erano un incubo
che martellava casa Ramelli, insidiose, continue. Si trasformarono poi
in un disgustoso inno alla morte quando qualcuno (gli imputati hanno tutti
concordemente negato di averlo mai fatto) chiamò la sera dei funerali
di Sergio. "Fu una telefonata di insulti - ricorda Anita Ramelli - e quella
sera proseguirono a chiamare fino alle 22".
Dovette cambiare numero telefonico,
ma le minacce continuarono con telefonate ai vicini. Attaccarono manifesti
sotto casa, e intimidirono il fratello di Sergio, tentarono addirittura
di aggredirlo. Un odio cieco che ha annientato una famiglia. "Luigi (il
fratello di Sergio n.d.r.) lo facemmo andare via da casa dopo quanto era
accaduto a Sergio", ricorda Anita Ramelli.
Poi fa un passo indietro, accenna
all'agonia del figlio. Un mese e mezzo di flebile speranza che si ravvivò
quando per 48 ore Sergio sembrò riprendersi, stare meglio. "Mi guardava
presidente, faceva un verso un ah, ha. Non riusciva a parlare, non poteva;
però sono sicura, capiva. Gli chiesi se soffrissi per i dolori della
testa e lui con il capo mi fece segno di no ".
"Ma in tutto questo tempo -
domanda il presidente - lei signora non ha mai avuto un segnale, un gesto
da parte degli imputati di qualcuno". "No, solo verso l'estate mi hanno
fatto avere una lettera con qualche firma ". "Signora, io non le faccio
domande sul risarcimento del danno (gli imputati lo ricordiamo hanno offerto
200 milioni mai accettati n.d.r.) ". "La ringrazio, presidente, io aspetto
giustizia, perché quando ho ricevuto quella raccomandata che mi
annunciava l'intenzione di pagare, ho sofferto. Forse è una prassi
normale, ma non l'ho trovata poi così giusta".
La sequenza di lutti dopo la morte
di Sergio continuò in casa Ramelli: qualche anno dopo morirono il
padre del ragazzo e lo zio.
Anita Ramelli si alza e si incammina
verso la porta: è attesa da un'amica e da una ragazza che le assomiglia.
E' la figlia Simona, di 20 anni, ne aveva 8 quando Sergio crollò
sotto le sprangate. L'udienza continua, sfilano un'altra decina di altri
testi, anche i ragazzi sprangati in largo Porto di Classe, ma le luci sono
spente oramai, mentre Anita Ramelli se ne va in attesa di giustizia, dodici
anni dopo.
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