Archivio Sergio Ramelli

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Il Giornale, 31/3/1987

Avanguardia Operaia, politica e...

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Claudio Colosio coprì le spalle ai due compagni che sprangarono a morte lo studente di destra


Avanguardia operaia, politica e pestaggi. Il "palo" dell'omicidio Ramelli racconta


Ha pochi rimorsi e cerca di salvare due imputati "estranei a tutto"

    La sera del 13 marzo 1975 andai a casa da amici, mi stesi sulla moquette a guardare la televisione. Era sera tardi e c'era l'ultima edizione del telegiornale, alla fine in breve diedero la notizia di un ragazzo di Città Studi in coma. Era Sergio Ramelli. Impallidii, ma poi mi convinsi che era un'esagerazione del Tg. Il mattino dopo sui giornali la notizia venne confermata. La mia non fu una reazione di panico, non temevo di essere preso, ma rimasi sconcertato".
    Claudio Colosio è il quarto componente del commando che sprangò a morte Sergio Ramelli a passare all'esame della Corte d'assise. Piccolo di statura, con capelli e barba rossi, in giacca e cravatta, racconta di quando "impallidì" e dello "sconcerto" che provò alla notizia data dalla televisione. Nelle sue parole non c'è il pathos di Montinari, l'incredulità di Costa, o i vuoti di Ferrari Bravo.
    E' un narrare freddo, un po' distaccato, come di chi fu lì per caso, non vide niente, non sentì niente. "Rimasi tutto il tempo con la faccia contro la vetrina di un negozio, fuggii quando Montinari mi diede una gomitata". Eppure, Claudio Colosio, medico del lavoro, non era finito in via Amadeo per guardare gli abiti esposti in una boutique ma per "coprire" l'aggressione materialmente eseguita da Ferrari Bravo e Costa. Insomma, faceva il "palo".
    Colosio restò in Avanguardia operaia anche dopo la tragedia Ramelli. Divenne un "quadro" intermedio dell'organizzazione. preso dall'impegno politico a tempo pieno e altrettanto concentrato nello schiacciare sul fondo della sua coscienza quel ricordo scomodo e angosciante che porta la data del 13 marzo di dodici anni fa. Così con questo quarto imputato nell'aula della seconda Corte di assise parla anche del "lavoro politico". Avanguardia operaia - racconta Colosio svelando i meccanismi della formazione poi divenuta parte integrante di Democrazia proletaria - era una struttura piramidale, il nucleo centrale era costituito dalla cellula che riferiva al direttivo di sezione in cui confluivano i responsabili delle singole cellule. Poi dal direttivo di sezione si andava su su fino al direttivo nazionale in una struttura verticale, elettiva. Ma contemporaneamente esisteva anche una struttura orizzontale con commissioni operaie, di scuola, di zona".
A chi tanto bene mostra di conoscere i meccanismi di Ao, il presidente domanda chiarimenti su quell'accenno fatto da Ferrari Bravo secondo cui la decisione di pestare Ramelli era "un'istanza venuta dall'alto". "Nel caso Ramelli - risponde Colosso - probabilmente decise tutto Grassi (responsabile del servizio d'ordine di Città Studi), doveva essere una cosa da poco. Avremmo dovuto dargli una passata" come mi disse lui stesso quella mattina di marzo". Anche Colosio prima di ricordare la sua storia di "quadro", tutto preso da riunioni intergruppi, assemblee ("ne facevo anche sette-otto al giorno", ha raccontato) ricostruisce quella tragica mattina in via Amadeo.
    Un racconto che non si discosta molto da quello dei coimputati e anche lui "salva" Antonio Belpiede e Brunella Colombelli, che da sempre si protestano innocenti. Non si ricorda della ragazza e in quanto a Belpiede, Colosio rettifica la sua deposizione istruttoria quando disse con certezza che anche lui era in via Amadeo. "Ora non ne sono più tanto certo", ha detto in sostanza difendendo il compagno.
    "Dopo la morte di Ramelli - continua Colosio - mi appassionai ai lavoro di militante, lavorai al Quotidiano dei lavoratori, entrai nella commissione scuola, rimasi quindi attivo senza più partecipare al servizio d'ordine. Avanguardia operaia ormai si stava spaccando e di lì a poco sarebbe nata Democrazia proletaria e proseguii il mio lavoro in questo ambito in previsione delle elezioni".
    Così, quando ormai Colosio ha un ruolo di media portata nell'organizzazione, si arriva alla primavera '76, con l'assalto al bar Porto di Classe.
    Prima di Colosio è ancora Ferrari Bravo a raccontare di quel raid. Il suo compito era di raccogliere le chiavi inglesi dopo l'azione. Ma perché partecipò di nuovo ad un episodio del genere, nonostante l'esperienza tragica dell'omicidio Ramelli? Ferrari Bravo è trentenne. Sui fatti di largo Porto di Classe è sfuggente anche Colosio. Racconta prima di essere un quadro dell'organizzazione, ma poi dice di essere stato all'oscuro dei preparativi di quell'azione e si dipinge come semplice spettatore passato quasi per caso nei pressi del bar. Ricorda qualche viso (Costa, Tumminelli, Muddulon) ma non quello di Saverio Ferrari dirigente nazionale di Dp. Vede da lontano l'attacco al locale, le fiamme e il fumo. Poi se ne va ignaro di tutto "anzi - precisa - in aperto disaccordo".

Leonardo Maisano

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