Archivio Ramelli - articoli di giornale Il Giorno, 24/4/1987 Aggressioni e minacce: ecco... torna agli articoli de Il Giorno |
Sfilano gli ultimi testimoni al processo Ramelli. Ed emerge
un altro spaccato degli anni '70, il clima della paura e del sospetto.
Si evocano ancora violenze, piccole aggressioni, storie di sopraffazioni,
episodi grotteschi ed involontariamente comici. Parlano cittadini qualsiasi,
picchiati per errore o bollati per equivoco come fascisti e infine schedati
nell'archivio di viale Bligny. Testimoniano fascisti e neofascisti tentando
di apparire come perseguitati e ricostruendo la storia politica di quegli
anni a loro uso e consumo.
E' il caso di Paolo Leucci, ex responsabile
della sede dell'Msi di via Guerrini nel 1974 e grande attivista del fronte
della gioventù, che viene addirittura interrotto a più riprese
dal Presidente della Corte Antonino Cosumano ed invitato a limitarsi alla
descrizione dei fatti per cui è stato chiamato. I suoi documenti
ed una scheda dettagliata sulla sua vita vennero trovati nel famigerato
archivio di Ao. Oppure di Massimo Turci, ex responsabile del Fronte della
Gioventù, amico del fratello di Ramelli, schedato e fotografato
dai militanti di sinistra. La sua deposizione assomiglia più ad
un manifesto ideologico che ad una testimonianza e l'avvocato Ludovico
Isolabella, difensore di Marco Costa e Luigi Montinari, lo interrompe più
volte chiedendo se aveva mai sentito slogan tipo: "Se non ci conoscete
pregate la Madonna, noi siamo gli squadristi di Giulio Caradonna", che
niente avevano da invidiare a quelli degli "antifascisti". Scoppia la bagarre
in aula, si rasenta lo scontro tra l'avvocato di parte civile Ignazio La
Russa, segretario provinciale del Msi e i legali della difesa.
Ma non mancano anche vicende amare,
come quella di Roberto Gorla, picchiato in San Babila nel 1974 mentre assisteva
al passaggio di un corteo studentesco. Ora è un invalido civile
e ha dei traumi permanenti. Ancora una volta, nell'aula torna un silenzio
pesante. "Avevo posteggiato la macchina in via Cerva e con un amico mi
trovavo in via Montenapoleone. Aspettavamo che passasse il corteo per
attraversare la strada, quando ho visto che una ragazzina
mi indicava. Non ci ho badato, ma poco dopo sono stato circondato da un
a ventina di individui che mi hanno chiesto i documenti. Pensavo fossero
poliziotti, invece uno, quando ha letto il mio nome, ha aggiunto "noto
fascista", e sono state subito mazzate. Anche la sua patente venne ritrovata
nel 1985 in viale Bligny. Come quella di Settimio Bertin, picchiato ben
due volte perché il suo nome è lo stesso di un estremista
di destra, e di altre centinaia di persone minacciate o picchiate a loro
volta.
Oggi al processo dovrebbe presentarsi
come testimone, chiamato dalla parte civile, l'onorevole socialista Aldo
Aniasi, che fu sindaco di Milano durante gli anni '70.