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Archivio Ramelli - articoli di giornale La Notte, 30/4/1975 Contro tutte le violenze |
In morte del
diciannovenne Sergio Ramelli, studente
di destra, dopo 48 gironi di coma profondo, cioè di agonia
sua e
di genitori, sono state scritte parole e considerazioni che invitano
alla
meditazione.
Cominciamo con
l'Unità:
"Noi non siamo mai stati tra
coloro che - spesso
in mala fede - amano dipingere la lotta politica per il progresso e
l'emancipazione,
come una strada amena cosparsa di buoni sentimenti. Sappiamo bene che
la
battaglia antifascista può anche essere - e di fatto in
Italia lo
è stata - una battaglia di violenza: una battaglia di un
popolo
in armi contro il terrore e il tradimento fascista: contro la vergogna
della sottomissione allo straniero; violenza che voleva riscattare
l'uomo
da ogni violenza, violenza che era lotta per la libertà.
Nulla di tutto questo" -
prosegue il quotidiano
comunista - ""vi è stato nell'aggressione omicida contro
Sergio
Ramelli. Nelle sprangate che lo hanno lasciato morente sul marciapiede
di via Amadeo non vi era né volontà di riscatto
né
amore per la libertà; in quei colpi vi era solo una violenza
cieca
e compiaciuta, tutta individuale che ad altro non mirava se non a
ridurre
la stessa in una spirale senza fine: tale da suscitare orrore e
repulsione
in ogni sincero democratico, in ogni uomo onesto".
Condividiamo pienamente. Non si
può confondere
la fine della seconda guerra mondiale, il crollo del fascismo di
Mussolini
e del nazismo di Hitler con la posizione di un giovane studente che -
vivendo
in un paese divenuto democratico e perciò libero grazie
anche a
quella lotta - riteneva di poterla pensare politicamente come voleva.
Non
è ancora obbligatorio in Italia, come in Russia, in
Ungheria, Cecoslovacchia
eccetera essere comunisti e basta. Quella del 1943-45 era la guerra
contro
il fascismo e il nazismo. Questo del Ramelli 1975è
non-comunismo
più che anticomunismo perché non si
può pensare che
un ragazzo o anche un partito con tre milioni di votanti sia
in grado
di ergersi minaccioso contro un movimento mondiale che, praticamente,
ha
sconfitto l'America; che ha il più potente armamento
nucleare e
convenzionale mai esistito, che controlla almeno un miliardo e mezzo di
uomini; che è destinato a dominare l'Europa
entro dieci anni (previsione di Kissinger
su "U.S. News
and World Report"). "Gli aggressori di Sergio Ramelli" - conclude
l'Unità
- "sono soltanto dei criminali. Chi non sapesse o non volesse
comprendere
quanto quel gesto sia ignobile e vile si collocherebbe fuori e contro
l'antifascismo,
perché offenderebbe la sua umanità".
Riteniamo che anche qui il
quotidiano del PCI si
riferisca all'antifascismo del 1943-45, che ebbe un suo significato e,
se si vuole, una sua umanità. E che non [si] possa invocare
quell'antifascismo,
motivato e serio, per impedire a un ragazzo di essere non-comunista,
finché
ciò non sarà imposto per legge.
Il quotidiano socialista
"Avanti!" dopo aver precisato
che Sergio Ramelli era noto all'ufficio politico della Questura di
Milano
"per affissione abusiva di manifesti del cosiddetto Fronte della
Gioventù,
organizzazione giovanile del MSI" scrive che "la morte di Sergio
Ramelli
ripropone una serie di gravi problemi innanzitutto alla polizia e alla
magistratura. Infatti il permanere di episodi di violenza privata e di
vendetta ha la sua radice nella mancata eliminazione dei gruppi
squadristi
che instaurato un clima di sopraffazione a colpi di rivoltella (come
spesso
è avvenuto davanti alle scuole) innescano una spirale di
violenza
pericolosissima, prevista e sapientemente calcolata, d'altronde, dagli
artefici della strategia della tensione più volte denunciata
dalle
forze della sinistra."
Conclude citando la
dichiarazione del segretario
della Federazione Milanese del PSI, secondo il quale si ripropone "il
problema
della individuazione e della punizione dei teppisti e dei provocatori
che
hanno fatto della violenza pura un metodo inaccettabile di lotta
politica"
Non insisteremo sulla differenza
tra "teppisti"
e "provocatori" o sulle diverse collocazione degli uni e degli altri:
tutti
devono essere identificati e puniti per il solo fatto di ricorrere alla
violenza.
Un altro socialista, il sindaco
Aniasi ha detto
in Consiglio comunale che "non vi sono giustificazioni e attenuanti,
né
vi possono essere comprensioni di sorta per chi spara, chi usa spranghe
chiavi inglesi, bastoni, catene per colpire gli inermi. Questi sono
atti
contro la civiltà e la democrazia, non importa chi li
compie. Sono
atti contro la morale. Sono comportamenti vili perché
prendono di
mira gli indifesi."
Infatti quando il Ramelli fu
aggredito, stava appoggiando
al muro il motorino dal quale era appena sceso. C'é
dunque
condanna ed esecrazione unanime della violenza, da qualunque parte
provenga.
Si deve fare tutto il possibile per stroncarla. A tale proposito sono
in
corso i dibattiti sul disegno di legge Reale per la tutela dell'ordine
pubblico.
Ma l'accordo non c'è.
Due articoli della
legge non trovano l'approvazione dei socialisti, il 4 e il 19.
L'art.4 riguarda "le
perquisizioni di persone il
cui atteggiamento e presenza, in relazione a specifiche circostanze di
luogo e di tempo, non appaiono giustificate"; l'art.19 prevede "il
mandato
di cattura obbligatorio per gli atti di violenza contro le forze
dell'ordine".
I fogli degli extraparlamentari
di sinistra definiscono
queste leggi "liberticide" e le chiamano sprezzantemente "leggi di
polizia".
Ma quali libertà esse
sopprimono? Una sola:
la libertà di fare uso della violenza contro gli avversari
politici
e contro le forze dell'ordine.
Se l'Unità condanna
la violenza "cieca e
compiaciuta"; se l'Avanti lamenta la "mancata eliminazione degli
squadristi";
se il socialista Aniasi rifiuta "comprensioni di sorta per chi spara,
usa
spranghe, chiavi inglesi, bastoni e catene", perché in
Parlamento
il P.S.I., che fa parte della coalizione di governo, non approva gli
articoli
della legge che prevedono la perquisizione e il mandato di cattura nei
confronti dei sospetti e dei violenti?
Davanti al cadavere del figlio
il padre Ramelli
ha detto: "Non ho rancore verso chi ha ucciso Sergio. I giovani non
sono
responsabili di quello che sta succedendo. La colpa è di noi
padri."
Se i padri sono colpevoli in
senso lato, lo sono
in senso preciso e specifico i politici che non hanno saputo prevenire
le violenze e gli scontri e non hanno predisposto le leggi adatte. SE
tutti
fossero animati da spirito di comprensione, da tolleranza e amore della
libertà non vi sarebbe bisogno di leggi "liberticide". Ma se
esistono
giovani o non più giovani che si ostinano a far ricorso alla
violenza
non è obbligo per chi ha la responsabilità del
governo, di
adottare immediate ed energiche misure?
Chiede infine un lettore se il
presidente della
Repubblica, sen. Giovanni Leone, manderà anche ai funerali
di Sergio
Ramelli una sua corona. E' un problema che riguarda direttamente la
coscienza
di Giovanni Leone. Noi pensiamo che lo farà,
perché i morti,
tutti i morti, esigono il rispetto, la pietà la
solidarietà
nel dolore dei loro cari. Specie se hanno diciannove anni ed erano
inermi
e indifesi quando sono caduti.
Nino Nutrizio