Archivio Ramelli - articoli di giornale La Stampa, 17/3/1987 Milano rivive, dodici anni dopo,... |
MILANO - "Devo sospendere subito il processo perché
non sto bene, molti degli imputati sono medici e possono capire".. Con
questa battuta il presidente Antonino Cusumano ha messo fine alla prima,
brevissima udienza del processo per la morte di Sergio Ramelli. Gli imputati,
all'epoca dei fatti, medici non erano ancora, ma studenti universitari
in medicina aderenti alla cellula di Avanguardia operaia, in particolare
alla relativa squadra del servizio d'ordine. E questa squadra si incaricò
di "dare una lezione" a Ramelli, 18 anni, militante del neofascista "Fronte
della gioventù". Lo aspettarono sotto casa, all'una del pomeriggio
il 13 marzo del 1975: lo aggredirono e colpirono alla testa a colpi di
chiavi inglesi. Ramelli morirà all'ospedale dopo 47 giorni Dodici
anni dopo Claudio Colosio, Franco Castelli, Marco Costa, Walter Cavallari.
Giuseppe Ferrari Bravo, Claudio Scazza, Luigi Montanari - oggi medici con
varie specializzazioni, tutti tra i 32 e 1 40 anni - si ritrovano in Corte
d'assise imputati di omicidio volontario premeditato.
Arrestati e interrogati nell'autunno
del 1985 confessarono, quasi tutti spontaneamente, la loro partecipazione
all'agguato.
Assieme a loro altri tre sono imputati per l'omicidio
Ramelli: Antonio Belpiede, medico e consigliere comunale del pci (ora sospeso)
a Cerignola (Foggia), che pur ammettendo di aver fatto parte del servizio
d'ordine, nega di aver partecipato all'aggressione contro Ramelli; Giovanni
Di Domenico, insegnante e consigliere comunale per democrazia proletaria
a Gorgonzola, accusato di complicità in quanto presunto responsabile
del servizio d'ordine di "Ao" nella zona di "Città Studi"; Brunella
Colombelli, 35 anni, ricercatrice all'Università di Ginevra, venne
arrestata all'inizio dell'inchiesta per reticenza. Otto mesi dopo un imputato,
Marco Costa, dichiarò che la Colombelli gli aveva indicato dove
Ramelli posteggiava il motorino: In base a questa accusa i giudici istruttori
hanno esteso anche a lei l'imputazione di omicidio.
Al processo cominciato ieri, oltre all'omicidio Ramelli,
si discuteranno altri episodi di quell'epoca a Milano, in particolare l'irruzione
al bar "Porto di classe". Nel locale, considerato "covo" di fascisti e
di spacciatori di droga, il 31 marzo del 1976 entrarono un'ottantina.
Il processo si è aperto in
un'aula gremitissima con i i giornalisti sistemati nella gabbia degli imputati
(nessuno di questi ultimi è infatti detenuto). Tra il pubblico,
molti esponenti e parlamentari di dp, l'organizzazione in cui confluì
buona parte di Avanguardia operaia. L'udienza è durata una
ventina di minuti, il tempo dell'appello degli imputati e delle costituzioni
di parte civile: la proprietaria e due clienti del bar "Porto di classe",
la mamma dl Sergio Ramelli. "Noi vogliamo giustizia, non vendetta"., ha
dichiarato il suo legale, e segretario provinciale dell'msi, Ignazio La
Russa.
Uno spirito che però non si
è esteso alla manifestazione organizzata ieri. In concomitanza con
il processo, dal "Fronte della gioventù". Circa 500 giovani, provenienti
da diverse città; saluti romani, spranghe come aste di bandiera,
qualche svastica e slogan duri ("Capanna, vieni qui, il processo te lo
facciamo noi"). Il corteo ha raggiunto l'abitazione dei Ramelli, in via
Amedeo, dove ha incontrato la madre del giovane.
Contemporaneamente, in piazza Fontana,
si è svolto un presidio di dp che ha presentato anche una mostra
fotografica sugli Anni 70 a Milano. In un volantino dp afferma "il proprio
impegno affinché questa vicenda giudiziaria (riguardante fatti ed
episodi che possono essere inquadrati solo nelle condizioni di una durissima
battaglia che contribuì a far vivere la democrazia in Italia) possa
tenersi in un clima privo di condizionamenti e pressioni".