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La Stampa, 25/3/1987

"Non volevamo uccidere Ramelli"

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Il delitto deI 1975: al processo di Milano primo interrogatorio di un imputato
"Non volevamo uccidere Ramelli"

Luigi Montinari, ex Avanguardia operaia, rievoca l'aggressione al giovane del Fronte della gioventù - "Non lo conoscevo, mi unii agli altri, avevo una chiave inglese" - "Volevamo colpirlo per una prognosi di pochi"

MILANO - Luigi Montinari ha 40 anni, fa il medico. Giacca di tweed, calzoni grigi. aspetto e tono molto professionali. Ma appena comincia a parlare al microfono, l'emozione lo tradisce. Rievoca il 1975: l'anno della sua laurea e l'anno in cui, assieme ad altri suoi compagni di Avanguardia operaia, partecipò all'aggressione contro il giovane neofascista Sergio Ramelli, morto In seguito alle percosse subite. E' il primo, e per ora unico, imputato ascoltato dalla corte d'assise.
    Non è un interrogatorio traumatico: il presidente pone le domande con cautela e da modo all'imputato di parlare a lungo, di spiegare le ragioni che lo spinsero a quel tipo di militanza. 'Mi sono avvicinato ad Avanguardia operaia nel '71 - racconta Montinari -. prima nella struttura dei comitati di base, poi dentro l'organizzazione. A spingermi alla politica era la  situazione sociale in Italia, e quella internazionale. Poi c'era l'antifascismo che, se non prioritario. era certo molto importante'.
    Un giorno, nel 1973. incappò in una squadra di neofascisti che tornavano dalla manifestazione in cui fu ucciso l'agente Marino: 'Feci appena In tempo a rientrare in macchina - ricorda - che mi sfasciarono i finestrini a sassate. Quest'episodio mi convinse ad entrare nel servizio d'ordine. In questo momento - aggiunge - non mi sentirei di fare nulla contro un mio simile. Ma allora... Bisogna tornare con la mente a quel periodo'.
    'Ma perché Ramelli?', gli chiede il presidente.
    'Perché? Non esiste una risposta precisa. Ramelli era un ragazzo che non conoscevo, un militante del Fronte della gioventù e quindi un nostro avversario politico: la sua parte politica rappresentava ciò che in quel momento combattevamo..
    Montinari nulla sapeva di Ramelli e poco sa di come fu preparato l'agguato. 'Dopo una riunione, il responsabile del servizio d'ordine di Città Studi, Roberto Grassi (morto suicida alcuni anni fa, ndr) ci disse che noi di Medicina dovevamo compiere un'azione antifascista e ci diede appuntamento per la mattina del 13 marzo. Io quel giorno arrivai in ritardo. Grassi mi diede una chiave inglese e ml disse solo di raggiungere gli altri. Non so se prima avesse mostrato una foto di Ramelli e spiegato chi fosse. Io, con Castelli e Colosio, avevo un compito di copertura. Restammo fermi davanti ad un negozio mentre Costa e Ferrari Bravo entravano nella via dove sarebbe passato il ragazzo. Dopo un quarto d'ora vidi Costa tornare di corsa e scappammo tutti'.
    Lo shock arriva il giorno dopo: 'Comprai il giornale - ricorda ancora Montanari - e cerca: in cronaca il trafiletto "Giovane neofascista aggredito": perché era questo che ci aspettavamo. Invece trovai la notizia di quel ragazzo in coma. Non doveva essere così. Noi dovevamo solo colpirlo: per usare un gergo medico, provocargli una prognosi di qualche giorno. Mi precipitai in Facoltà: trovai Grassi che mi disse che per il momento era meglio non fare niente. Eravamo convinti che si sarebbe rimesso..

s. mr.
 
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