Archivio Sergio Ramelli

Archivio Ramelli - articoli di giornale

Il Secolo d'Italia, 18/3/1987

Qualcuno é cambiato un po' meno

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Qualcuno è cambiato un po' meno

    Sono poche le coscienze sporche nelle cronache dei giorno dopo l'apertura del processo Ramelli. Editorialisti e commentatori di grido - i cinquantenni, quelli che nei '75 facevano opinione (o fabbricavano mostri)-   hanno già scritto in occasione del rinvio a giudizio, e per la prima udienza sono scesi in campo per lo più giovani: gente che allora aveva l'età di Sergio, e al massimo scriveva sui muri. Forse anche per questo i resoconti sono ne/la (maggior parte corretti, anodini, con rare forzature, ed un generale riconoscimento dell'atteggiamento responsabile assunto dalla famiglia. dal Movimento sociale, dal Fronte della Gioventù  che chiedono "non vendetta né pene esemplari,  ma solo giustizia".
    Su tutti ha fatto colpo il  "look" degli imputati, segno tangibilissimo degli 'anni-luce' che separano l'appuntamento in tribunale con i rendez-vous in piazza di dodici anni fa: "Portavano l'eskimo ed erano i "soldati" del servizio d'ordine di Avanguardia operaia - scrive il "Corriere" - ora sono professionisti, quasi tutti medici e indossano abiti di buon taglio". Di Marco Costa, i 'uomo che guidò il commando, si descrive la calvizie. Di Tuminelli, ex professore d'assalto ed oggi proprietario di un paio di scuole private, si esamina l'elegante cappotto grigio e la scriminatura brizzolata. Della Colombelli, la "staffetta" il tailleur ed i grandi occhiali. Per concludere un po' tutti, come dice Marco Nozza sul "Giorno", che da allora "tutti siamo cambiati", "intolleranze di quel genere, oggi, non sono né possibili né pensabili", e "a nessuno salta più in mente di andare a scrivere sui muri, col gesso,10 - 100 - 1000 Ramelli".
    Vero, verissimo. Ma qualcuno è cambiato un po' meno degli altri. Anche nei giornali è cambiato pochino, per esempio, "L'Avanti!" che forse immemore del ben diverso atteggiamento assunto dal suo direttore in occasione del dibattito innescato dal rinvio a giudizio inventa letteralmente "momenti di tensione culminati in una manifestazione del Fronte della Gioventù", e su questo parto di pura fantasia fa addirittura il titolo. In linea - in parte - con i "vecchi tempi" anche l'organo della Dc, "Il Popolo", dove Remigio Cavedon rispolvera la definizione di "destra neo-fascista" per riproporre la vetusta logica degli opposti estremismi e includere con un fervorino: "Non prendere atto che è esistita, in quel periodo, una violenza da parte dell'ultrasinistra che ha prodotto lutti e numerosi problemi nei confronti delle istituzioni è un grave errore, di metodo e di sostanza". Ma chi lo ha commesso? Aspettiamo la seconda udienza per vedere se Cavedon si ricorderà a che partito appartenevano il ministro degli Interni che archiviò il rapporto Mazza, ed il guardasigilli che per dieci anni hanno trattato le violenze e gli omicidi contro la Destra alla stregua di furti di polli.
    Ancora, sembra avere rimpianto degli anni '70 chi, sul "Giornale nuovo", sopra una foto della manifestazione del FdG titola "Dodici anni dopo gli stessi cortei", forse dimenticando quel che testimonia la stessa mostra fotografica di Dp allestita lunedì a piazza Fontana: dodici anni fa, di questi tempi, i cortei a Milano erano esclusiva dei sindacati e degli ultrà con i cartelli "Fascisti, carogne tornate nelle fogne". Talvolta li guidava il sindaco Aniasi.
    Ma forse ha ragione Nozza, l'importante è che a nessuno salti più in mente di scrivere sui muri "10 - 100 - 1000 Ramelli", che sui quotidiani  non si legga più "Le sedicenti Brigate rosse", ne non si può pretendere che cessi del tutto, in due lustri, il rimpianto dei " bei tempi andati": soprattutto per chi con quei morti e con quelle spranghe ha fatto la fortuna di formule politiche ed equilibri tattici, e talvolta di posizioni personali, usando un 'intera generazione come terreno di manovra per il più spregiudicato dei giochi, quello appunto degli opposti estremismi. Ora Ramelli è morto, Tuminelli ha un cappotto elegante e i capelli brizzolati, e si è trovato persino il coraggio di celebrare un processo: sconfitta la tigre di quegli anni, restando le code di paglia.

Flavia Perina

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