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Archivio Ramelli - articoli di giornale Il Secolo d'Italia, 28/2/1987 Quella inutile e cieca violenza |
Il testo della lettera
inviata da alcuni imputati alla
signora Ramelli
Quella inutile e cieca violenza
In occasione della confereza-stampa
indetta dalla federazione
milanese del Msi-Dn per il processo Ramelli, è stato reso
noto il
testo di una lettera inviata da alcuni imputati alla signora Ramelli,
mamma
di Sergio. La lettera, delle quale pubblichiamo il testo,
apparirà
anche sul prossimo numero di "Destra politica", il periodico diretto
dall'on.
Tatarella e dall'on. Martinat.
<<Gentile Signora
Ramelli, questa lettera Le giunge
con tanto, troppo ritardo: ci rendiamo conto che il semplice fatto di
riceverla
e forse di leggerla la potrà far soffrire.
Coloro che scrivono oggi sono uomini molto
diversi dai
ragazzi di quel tragico giorno. Avremo voluto scriverLe molti anni
addietro:
invece siamo rimasti soli; ciascuno ha cercato di rifugiarsi nella
propria
casa, non dimenticando, anzi assaliti dal profondo rimorso di quel
momento
disgraziato.
Non avevamo nulla di personale contro Suo
Figlio, non
lo avevamo mai conosciuto né visto; ma, come troppo spesso
accadeva
in quel periodo, il fatto di pensare in modi diversi, automaticamente
diventava
causa di violenza gratuita e ingiustificabile.
Nessuno di noi però aveva
l'intenzione e neppure
il semplice sospetto che tutto potesse finire in modo così
terribile.
Oggi riteniamo profondamente sbagliato,
anzi inconcepibile
il dirimere le differenze tra i diversi modi di pensare con la pratica
della violenza.
Lo scopo di questa lettera e quello di
aprirci con Lei
e con i suoi familiari, con quanti sono stati vittime del nostro
gesto.Molti di noi oggi hanno figli e quindi possono ancor
meglio capire la Sua sofferenza di allora e di adesso nel ricordo di
quei
tragici momenti. Può capire il bene che ci lega ai nostri
familiari
e a i nostri figli; la loro lontananza, che pure abbiamo accettato e
che
alcuni di noi tuttora accettano, la separazione dai nostri figli, che
pure
sappiamo sani e speriamo ingenuamente sereni, ci fanno ancora
più
comprendere, pur con tutte le dovute differenze, l'abisso di
disperazione
che l'ha accompagnata in questi anni.
Suo Figlio era un ragazzo che, come noi a
quei tempi,
aveva scelto di impegnarsi, senza avere nulla da guadagnare, per
cercare
di modificare, con l'entusiasmo e l'ingenuità che furono
anche nostri,
le storture della società in cui vivevamo.
Abbiamo, anche per il rimorso e il
ricordo, percorso
itinerari di vita che ci consentissero, con il nostro lavoro e
comportamento,
di riscattarci, se non ai Suoi occhi, almeno a quelli della
società
e forse anche di noi stessi.
Questo non pone rimedio al male fatto, ma
speriamo abbia
impedito ad altri di ripetere i nostri errori.
Vorremmo che Lei sapesse, anche se
proviamo grande difficoltà
nell'esprimere i nostri sentimenti, che fin da allora siete stati parte
dei nostri pensieri e motivo costante della vergogna e del profondo
rimorso
che ci accompagnano.
Anche se può sembrare assurdo,
ci sentiamo vicino
a lei e ai Suoi familiari dal più profondo del cuore. E
questa realtà,
di essere responsabili nei Suoi confronti e nello stesso tempo
solidali,
è per noi motivo di sofferenza.
Per ragioni organizzative che Lei
potrà intuire,
in questa lettera non sono presenti le firme di tutti, ma siamo
convinti
che essa esprima comunque i sentimenti di tutti noi>>.
Franco Castelli, Luigi Montanari, Claudio
Colosio, Claudio
Scazza, Walter Cavallari
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