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Archivio Ramelli - articoli di giornale L'Unità, 17/3/1987 Ramelli:processo senza manette |
Gli imputati per l'uccisione del
missino sono arrivati
in aula dalla rispettive case
Ramelli, processo senza manette
In aula poca tensione
fuori i saluti romani
Gli ex protagonisti degli "anni di spranga" (ora quasi tutti professionisti) hanno scritto alla madre del ragazzo ucciso 12 anni fa
MILANO - Il processo Ramelli si
è aperto senza
manette. Forse per la prima volta nella storia delle aule di giustizia
del nostro paese, dieci imputati di omicidio volontario premeditato,
più
nove imputati di tentato omicidio plurimo, più altri sei
loro compagni
accusati di tatti minori di quella violenza di piazza degli anni
Settanta,
fatta di spranghe e chiavi inglesi, sono comparsi davanti a una Corte
d'assise
senza catene ai polsi, senza cellulari né scorta di polizia.
Sono
giunti alla spicciolata, ciascuno da casa sua, quelli in
libertà
provvisoria e quelli agli arresti domiciliari mescolandosi al pubblico,
non riconoscibili tra amici e familiari che si stringono attorno a
loro.
Ai pochi carabinieri di servizio resta il compito (ma non è
un compito
invidiabile) di 'regolare il traffico in quell'aula ridicolmente
piccola
per 25 imputati, ben più che altrettanti avvocati, una
cinquantina
di testi. E una volta occupato ogni angolo praticabile, il solo spazio
ancora disponibile per quell'altra piccola folla costituita dal
giornalisti
delle 'grandi occasioni, risulta essere il gabbione degli imputati,
deserto;
che infatti viene prontamente adibito a 'tribuna stampa'. A la guerre
comme
à la guerre.
Il
piccolo incaglio logistico,
e la notizia circolata subito che li processo verrà
immediatamente
aggiornato, contribuiscono ad allentare la tensione per questa vicenda
giudiziaria per la quale, dentro e fuori del tribunale, si sono
mobilitate
le due fazioni opposte. Dp è presente in forza nell'aula: ci
sono
Giovanni Russo Spena, Patrizia Annibaldi e Loredana De Petris, della
segreteria
nazionale; ci sono I parlamentari Guido Pollice e Franco Calamida con
il
Capogruppo alla Camera Massimo Goria, e Emilio Molinari, consigliere
regionale
lombardo. La loro solidarietà esplicita è agli
esponenti
del loro partito coinvolti in questo processo: Saverio Ferrari, della
segreteria
nazionale, e Giovanni Di Domenico, Consigliere comunale a Gorgonzola.
Fuori,
in piazza Fontana, è organizzato un presidio di un centinaio
di
persone, con lo scopo di garantire che dl processo si possa tenere In
un
clima privo di "condizionamenti", senza spirito "vendicativo".
Sul versante opposto, mezzo miglio di
neofascisti provenienti
da mezza Italia - da Roma a Bolzano, da Trieste a Torino - si sono
radunati
davanti alla sede del Msi in via Mancini per commemorare il ragazzo
ucciso
dodici anni fa, e sono giunti in corteo davanti alla sua casa in via
Amadeo,
giusto in tempo per recitare davanti alla madre di Sergio Ramelli, di
ritorno
dal tribunale, il loro "Camerata Ramelli Presente!" con tanto di saluto
romano.
Anita Pozzoli vedova Ramelli aveva fatto
la sua comparsa
in aula per costituirsi parte civile, ma non aveva accettato di parlare
con la stampa. A pochi passi da lei c'erano gli imputati dell'uccisione
di suo figlio. Nelle settimane scorse, alcuni di loro le hanno fatto
giungere
una lettera nella quale esprimevano "profondo rimorso dl quel momento
disgraziato"
e facevano una specie di autocritica: .Oggi riteniamo profondamente
sbagliato,
anzi inconcepibile, il dirimere le differenze tra i diversi modi di
pensare
con la pratica della violenza.. Ora sono qui, quasi fianco a fianco. Ma
la distanza sembra incolmabile: più ancora che tra loro e la
madre
del ragazzo ucciso in quel marzo del '75, il distacco e fra loro come
sono
qui, adesso - uomini fatti, seri, con tutti i caratteri del cittadino
rispettabile
- e quegli antichi picchiatori del servizio d'ordine di Avanguardia
operaia.
Li separano dodici anni, una storia che ha accantonata l'ideologia
dello
scontro dl piazza, un itinerario personale che si è
affrancato da
quella disgraziata scelta giovanile. E a vederli lì, schivi
e accasciati,
sembra davvero che su di loro il ricordo di quel 'tragico errore' pesi
quanto l'apprensione per l'imminente giudizio.
L'Udienza si esaurisce in breve: giusto il
tempo per
il presidente Cusumano di fare l'appello e di informare le parti in
causa
che il malanno che lo affligge in questi giorni - una "nefrite
altamente
febbrile" - lo obbliga a tornarsene a casa al più
presto e
a rinviare il processo di una settimana.
Paola Boccardo
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